...continuando il discorso

Riprendiamo il discorso della simbologia nelle fiabe per una maggiore chiarezza.
Il cibo è da sempre un protagonista nelle fiabe che si raccontano ai bambini: dalle Briciole di Pollicino, alla rossa e invitante mela che la strega malvagia offre a Biancaneve, al pane imburrato "di sopra e di sotto" durante la festa di Pinocchio raccontata nelle pagine di Collodi.
E - ancora - la casa di marzapane in una delle fiabe più famose dei fratelli Grimm: Hansel e Gretel. Potrei continuare a lungo a ricordarle, perchè tantissime sono quelle dove il cibo fa da "interprete" principale. Ma questa di cui parla è la simbologia più "classica" che viene usata in psicologia.
La mia modalità privilegiata invece è diversa.
Una modalità che ho dovuto - per così dire - "inventarmi", per trovare una via di comunicazione più accessibile con le mie giovanissime pazienti ricoverate nel reparto dei DCA (Disturbo del Comportamento Alimentare) in Neuropsichiatria Infantile, nel periodo in cui esercitavo la professione in ospedale.
La differenza è stata nel non usare fiabe famose da interpretare con le pazienti, bensì farle inventare a loro, che le scrivevano dai loro letti durante il ricovero. A fiaba finita venivano consegnate. Il lavoro che facevo personalmente era prioritariamente la ricerca del "simbolo" sotto cui si nascondeva la malattia; inoltre il contesto della narrazione - come un percorso tortuoso ed accidentato - per arrivare al vissuto e alla motivazione che aveva portato a una "scelta" così radicale come nel caso di una anoressia severa.
Contrariamente a interpretazioni per così dire "codificate" che si seguono spesso con le fiabe classiche prima citate, qui erano le ragazzine a dare la loro interpretazione rispondendo a domande che rivolgevo.
Avendo letto prima i loro scritti e - conoscendo già in parte il loro vissuto - mi facevo un'idea delle motivazioni delle loro sofferenze attraverso le simbologie e il contenuto delle fiabe scritte da loro.
Questo avveniva nel periodo che sono rimasta - prima come tirocinante poi come volontaria - dal 1996 al 2003.
Lo stesso metodo però è ugualmente valido e rivelatorio per qualunque altro disagio psicologico, indipendentemente dall'età della persona che viene da me in cerca di un supporto o di una comprensione del proprio malessere e delle difficoltà che vivono. E, come già scritto nel post precedente, è un metodo che si è rivelato molto valido perchè diverso, innovativo, non imposto con regole ma scritto in totale libertà, senza la difficoltà, l'imbarazzo, le resistenze, il timore, di parlare di sè in prima persona del proprio disagio.

Prossimamente un regalo per voi....tante fiabe originali da leggere scritte da me.
A prestissimo!

Oltre la fiaba

Il saggista Massimo Ammaniti "divide" il mondo dei bambini, e quindi quello dell'infanzia, in due momenti: quello del giorno e quello della notte.
Il mondo del giorno è quello dei legami affettivi con i genitori, i fratelli, i compagni di gioco. Quello dove si incontrano e si creano rapporti, nuove conoscenze, il mettersi alla prova per la propria autoaffermazione ed autostima.
Poi c'è quello della notte, popolato dai personaggi e dagli eventi che prendono vita e corpo attraverso fantasie e sogni. Quindi streghe, orchi, figure minacciose, attraverso le quali si deformano le immagini di quegli adulti che si percepiscono come minacciosi e "cattivi".
Sigmund Freud e Melanie Klein, attraverso le loro ricerche, sostenevano che nel bambino - fin dai primi anni di vita - convivono sia pulsioni vitali che pulsioni distruttive. 
La Klein afferma che nelle fantasie del bambino esistono figure persecutorie che minacciano la sua sicurezza e tranquillità. Figure cariche di negatività che esprimono la propria aggressività attraverso una avidità orale, come avviene nella fiaba di "Hansel e Gretel", dove la strega cattiva vuole divorarsi i bambini.
Di fronte a queste fantasie i bambini hanno il bisogno di ricorrere a figure "magiche" che sconfiggano il nemico. In questo modo ci si rende conto in maniera graduale che il bene e il male coesistono, arrivando così a una visione più completa si sè e degli altri.
Però - se è vero che dentro a ogni adulto rimane "il bambino" - possiamo ritrovare anche in noi la capacità e la voglia di accostarci ancora alla fiaba. Di mantenere quel "senso del magico" che ci lascia la capacità di perderci in fantasie, quelle che abbiamo timore di mostrare agli altri convinti di non essere compresi, oppure feriti, e proteggerci così con i propri meccanismi di difesa. Nascondere ai più quella magia che in qualche piega dell'anima abbiamo custodito in noi e che manda scintille di luce.
E' vero però che possiamo ricorrere a strategie che vanno a "pescare" nel nostro inconscio facendo risalire alla superficie ciò che spingiamo giù.
Se - ad esempio - chiediamo ad un adulto di scriverci una fiaba e questi ha la voglia e la curiosità di superare l'immediato istinto del rifiuto - ritenendola una richiesta inutile o assurda - scoprirà cose nuove, creative, spesso sconosciute di sè, che rimanevano nel profondo.
Tutto questo arriverà con una modalità diversa, divertente, leggera, che arricchisce passo dopo passo di una visione positiva di sè: un po' "magica" insomma.
Questo perchè nella scrittura di una fiaba la persona si sente più libera di esprimersi, senza imposizioni, costrizioni, nè diffidenze o difese. Finalmente libere di giocare un po', lasciarsi andare, rivelandosi attraverso una simbologia "altra" che nasce dal cuore della propria fantasia più antica, ma che per questo proviene dal proprio "materiale" più nascosto e autenticamente vero.
Le fiabe parlano un linguaggio fatto di immagini che svelano chi le legge, le ascolta, ma soprattutto le scrive, e "illuminano".
C'è poi - come detto prima - tutta una simbologia che aiuta a interpretare e comprendere.

Dimmi cosa mangi e ti dirò chi sei

"Dimmi cosa mangi e ti dirò chi sei".
Avrete tutti - o gran parte di voi - sentito dire questa frase. Sono parole scritte dal politico e gastronomo francese del '700 Anthelme Brillant - Savarin, nel suo spassoso ed acuto testo "Fisiologia del gusto - o meditazioni di gastronomia trascendentale".
Questo eclettico e brillante uomo dalle innumerevoli vite vissute può essere considerato il primo vero studioso dell'intima connessione tra cibo e psicologia.
Come ogni essere vivente, anche l'uomo si alimenta per sopravvivere ed avere una adeguata energia per svolgere le attività quotidiane. Ciò che lo contraddistingue però, è il pieno di emozioni, aspettative, abitudini di cui il cibo si fa carico.
Questo complesso e inscindibile rapporto tra cibo e psicologia non può e non deve quindi essere trascurato ma trattato, con il rispetto e l'importanza che merita.
Solitamente, quando si affronta un percorso nutrizionale, ci si concentra soprattutto sulle proprietà intrinseche degli alimenti, su ciò che fa bene e su ciò che fa male al nostro organismo.
Bisogna comprendere che quello che consumiamo nutre non solo il nostro corpo, ma anche la nostra interiorità, la qualità dei nostri pensieri e le nostre azioni.

Agire per Prevenire

Un rapporto equilibrato e sano verso il cibo ed una nutrizione sempre più in armonia con le nostre esigenze, sono alla base del benessere di ciascuno.
Un'alimentazione consapevole - abbinata a buone pratiche quali una regolare attività fisica - rappresenta un potente strumento in grado di preservare il nostro organismo da pericolosi stati infiammatori che sono alla base di disturbi e patologie a carico - ad esempio - dei sistemi cardiocircolatorio, metabolico e immunitario.
Studi recenti confermano quanto un corretto apporto di nutrienti preservi da un repentino declino cognitivo verso malattie neurodegenerative quali Parkinson e Alzheimer, garantendo uno stile di vita più attivo e partecipato anche in età avanzata.
Perchè allora non trasformare la nutrizione in un alleato indispensabile per la nostra salute?
Agire per prevenire quindi è il mio motto. Purtroppo questo concetto è ancora "acerbo" per la maggioranza delle persone. Nella pratica di tutti i giorni infatti, la maggior parte di coloro che si rivolge a me è per alleviare disturbi che incidono negativamente sul loro quotidiano, limitandolo significativamente.
Cosa fare allora?
Ho riflettuto ed ho deciso quindi di sviluppare un percorso nuovo, improntato su un discorso "preventivo".
Imparare a nutrirsi per stare bene, ascoltarsi e aderire ad un metodo personale, "cucito addosso". Il tutto aiutato da uno stile di vita corretto. 
Come già ho scritto, l'alimentazione è solo uno dei tanti aspetti, come in una sorta di "puzzle" più pezzi trovano la giusta collocazione, più facilmente la figura finale diverrà chiara e definita.
Ma, come si dice "... chi ben comincia è già a metà dell'opera"!